
Rifugiati siriani alla frontiera europea
Harmanli lo scelgono i meno abbienti, è la meta più economica ed è l’unica che si possono permettere i Siriani che non hanno buone disponibilità economiche da investire nella fuga verso una nuova vita. Harmanli è l’ingresso in Europa attraverso la frontiera bulgara. Il centro di accoglienza si trova infatti a ridosso del confine turco-bulgaro-greco. I rifugiati per arrivarci devono prima entrare dalla Siria in Turchia (testimonianza diretta dei rifugiati) «Entrare in Turchia è molto semplice, non ci sono ne barriere ne soldati, per chi ha bisogno di aiuto ci sono i contrabbandieri che per una cifra che si aggira attorno ai 10 euro a persona ti portano con degli autobus fino alle città turche. Ma entrare in Turchia non è come entrare in Europa, non c’è la stessa aspettativa di vita, nonostante in tanti decidono di fermarsi li, o andare in Libano, Kurdistan o Giordania. Quindi si tenta l’attraversata per l’Europa, rivolgendosi sempre ai contrabbandieri, è facile trovarne sia nella città di Aksarya che a Istanbul o Edrne, loro ti aiutano ad attraversare il confine Turco-bulgaro. A piedi puoi impiegarci anche tre giorni restando per un po nascosto nei boschi adiacenti la frontiera, e ti costa tra i 1000 e 1500 euro a persona, col treno o autobus invece dai 2000 ai 2500 euro a persona. Chi invece sceglie la strada verso l’Italia o la Grecia è disposto a spendere anche 6000 euro.». E’ notizia del 07 Aprile 2015 che la Bulgaria ha deciso di estendere la barriera di filo spinato lungo tutto il confine per contenere il flusso degli immigrati.
Ad Harmanli ci sono circa 3000 rifugiati di cui 450 bambini, e ogni settimana ne arrivano di nuovi, il centro di accoglienza è suddiviso in tre diverse tipologie di settore. 1Single, per gli uomini che non hanno la famiglia con se. 2 Famiglie, per le intere famiglie, 3 Famiglie senza padri.
Il centro di accoglienza è una vecchia caserma militare dismessa e lo stato di degrado è indescrivibile, c’è umidità e infiltrazioni d’acqua dappertutto, «ci si riscalda soltanto con le coperte», i servizi igienico-sanitari sono ridotti al minimo, ( si pensa che nella prima struttura -single- per circa 600 persone c’è un solo bagno), alle donne non è garantito il minimo sostegno, neanche quello relativo all’igiene intima, e quel minimo di contributo che -a detta dei rifugiati- era previsto, non gli viene dato da circa 2 mesi.Considerando poi che la Bulgaria non viva in condizioni economiche favorevoli, non è difficile immaginare che molti bulgari non accettano questa invasione e spesso si scatenano pestaggi nei confronti degli immigrati.
Qui si rimane fino a che non si riceve lo stato di rifugiato, della durata di 5 anni o lo stato umanitario della durata di tre, per continuare poi il viaggio in Europa. La maggior parte di loro vogliono andare in Germania, ma c’è anche chi sceglie la Francia o altre destinazioni nord europee. Per ottenere i documenti ci si impiega anche 7 o otto mesi, «ma spesso ci ricattano, che ci ritardano i documenti, quando ad esempio proviamo a raccontare le condizioni in cui viviamo ai giornalisti, ed è per questo che abbiamo paura di parlare con te». Ad Harmanli ci sono esperienze umane di ogni tipo, madri che da sole devono badare ai propri figli, perché i mariti sono in guerra o in altre destinazioni per dare un futuro diverso alle proprie famiglie, o addirittura non ci sono più. Adolescenti che devono sostituire i propri padri nella tutela della famiglia, ma che devono anche fronteggiare discriminazioni razziali e disagi di ogni tipo. Uomini ormai anziani rimasti soli a tentare di riscattarsi. Bambini sani che provano ad adattarsi e bambini malati che nonostante le difficoltà ti sorridono. Poi c’è chi ad Harmanli c’è nato e da Harmanli non vede l’ora di fuggire.

Il parco giochi dei bambini siriani-


Giovani siriani ci accolgono col simbolo di vittoria tra le dita, in alcune città come Kobane la resistenza curda a scacciato gli invasori dell'IS






Il tempo sembra non passare mai e almeno sette, otto mesi per ottenere i documenti necessari sono indispensabili. Salvo imprevisti.

In questo settore del centro accoglienza vivono gli uomini senza la famiglia, chi perchè la famiglia non ce l'ha più, chi perchè invece la famiglia l'ha affidata a mete più confortanti e allo stesso tempo costose, come l'Italia o la Grecia, sacrificando la propria. Chi invece la famiglia l'ha lasciata ad aspettare partendo da solo. Qui ci si aiuta a vicenda e chi ha di più, da di più.










Nel settore dei single dove ci sono circa 600 profughi, questo è l'unico bagno esistente.

Tra tutti i settori, questo è il più fortunato qui ci vivono le famiglie al completo anche se ormai tutte le famiglie insieme fanno un unica famiglia

Zaradin, madre di 4 bambini: Nurhan, Hushnav, Kristina e Roush. A lei viene difficile raccontare come è andata, dice soltanto di aver camminato sopra ai cadaveri e di aver visto brutture difficili da raccontare

Silvana Hasam, insegnante di storia dell'arte, anche lei è qui da tanti mesi e alla domanda, di cosa hai bisogno? Risponde di tutto, "noi qui non abbiamo niente"

Idris ingegnere nel settore agricolo, stava preparando il dottorato all'università di Aleppo quando è stata interamente distrutta dalla guerra. Costretto quindi a trasferirsi in periferia Afrin Town per continuare a svolgere il suo lavoro nel settore animali da fattoria. Dice di aver dato tutto se stesso per poter aiutare anche senza monetizzare chi aveva più bisogno, provando di fare del suo meglio per loro. Ma in un giorno freddo dell'inizio di Febbraio, quando era andato a ritirare della benz

Rano, moglie di Idris e studentessa di filosofia, lei viveva ad Alashrafia un quartiere della città di Aleppo, considerato da loro stessi terrificante, dicono che è impossibile parlare o descrivere come li la gente muore, sembra che anche a causa del continuo stato d'ansia dovuto alla paura di morire, Rano non possa avere più bambini. E Intanto si gode sua nipote.





Golì e Dildar, 9 e 13 anni. Dildar e affetto da una malattia che non gli permette di camminare o stare in piedi sulle proprie gambe e e per tutta la famiglia la situazione è diventata ormai insostenibile, a Dildar manca tutto per poter andare avanti, nonostante il suo sorriso non lo faccia immaginare.


Le giovani madri senza i mariti non si arrendono e provvedono a tutto da sole

A pranzo non è dato mangiare, non vengono consegnati pasti e le giovani donne siriane si adoperano al meglio per arrangiare qualcosa.


nella foto scattata col telefonino i rifugiati mostrano in che condizioni sono costretti a vivere, parlano di cibo avariato e mostrano i vermi trovati nel piatto.




A colazione e a cena, sono questi i due momenti in cui vengono consegnati i "pasti", che per molti non sono degni di questo nome. Si consegnano i vuoti e si prendono i pieni e i bambini fanno la loro parte.

Loro sono gli adolescenti e sono loro che sostituiscono il ruolo dei padri che non sono qui. Si prendono cura dei fratelli e delle sorelle più piccoli e aiutano le madri in quello che possono. Barfin (la bimba piccola) è nata qui, ha 8 mesi e la Siria non l'ha mai vista. Il suo sorriso è contagioso e aiuta il morale di quanti la circondano.