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Ogni anno la ‘pomata magica’: così nel borgo umbro rivive la ricetta della nonna ‘sciamana’

Non ho mai conosciuto Giuseppa Bazzucchi, ma in qualche modo ne ho avvertito la presenza e la forza. Ho trascorso la serata con Massimiliano Dragoni (suo nipote) alle prese con la pomata del Checcaccio, unguento a base di sambuco, raccontandomi  sua nonna e il loro speciale rapporto.

Avveniva e avviene tutt’ora in alcune aree remote della terra che la medicina sciamanica si sostituisca a quella tradizionale, soprattutto per necessità. Così, sull’Appenino umbro tra Gualdo Tadino e Assisi, in tempi neanche così remoti, non era semplice per i medici raggiungere la montagna, di conseguenza ci si organizzava in maniera alternativa. Giuseppa Bazzucchi detta Peppa del Bartolo, donna di ingegno e forza, oltre a fare da ostetrica per le  partorienti della sua comunità, si prendeva cura della salute dei suoi compaesani attraverso la ‘medicina popolare naturale’ e tramite pratiche e rituali che ricordano mondi e culture lontane.

Peppa del Bartolo Vissuta tra le due guerre mondiali, la dittatura fascista e l’occupazione nazi-fascista, Peppa era di quelle donne che non esitavano a rimboccarsi le maniche e trottare. Del tempo trascorso con sua nonna, Massimiliano conserva aneddoti, racconti di una durezza inenarrabile, ma soprattutto stima e ammirazione, una donna che un po’ per necessità  un po’ per virtù diventava punto di riferimento di una intera comunità. Ed è forse questo uno dei motivi per cui in Massimiliano (musicista e grande appassionato di storia e tradizioni della sua terra) è maturata l’esigenza di raccontarla in un bellissimo libro (“La pomata de Checcaccio”) con testimonianze sulla sua vita dura e intensa, poi invece di mandare al macero quanto da lei appreso sulla cura della salute e sui rimedi naturali, mette a macerare ogni anno in fine estate la corteccia del sambuco ereditato e orgogliosamente custodito, per farlo diventare ancora una volta la pomata del Checcaccio. «Da quando non c’è più nonna, i suoi amici e compaesani passano a trovarmi così come passavano da lei a ritirare la loro irrinunciabile pomata», spiega.

La preparazione Per preparare il prodigioso unguento, occorre raccogliere del sambuco in settembre; separare la corteccia e metterla, insieme ad alcune foglie, in una busta per conservarla. Nel momento in cui il sambuco inizia la fase della macerazione, è pronto.

Olio d’oliva, miele e cera d’api Si fa bollire l’olio con il sambuco, la cera e tre cucchiai di miele; una volta bollito, si spegne il fuoco e si prepara un altro pentolino con dell’acqua a temperatura ambiente. Si versa il contenuto del pentolino nel recipiente con l’acqua filtrando il sambuco, si lava il contenuto formatosi e si toglie l’acqua; si ripete l’operazione nove volte. Il nove nella religione cristiana corrisponde al numero perfetto ‘tre’ moltiplicato per se stesso.

Gli impieghi Impiegata per le punture d’insetto, acne, problemi cutanei dei piedi, emorroidi, ferite, infezioni, e infiammazioni alla gola, la pomata del Checcaccio – che prende il nome da colui che ha iniziato a tramandarla oralmente, ovvero il sensale Checco de Biagioni di Santa Maria di Lignano – «se vuoi la puoi anche mangiare».  Con questa battuta dopo un «provaci», mi ha risposto Massimiliano quando gli ho chiesto se poteva essere adoperata ad esempio per forte prurito… essendo un prodotto totalmente naturale.

Ultimo erede Probabilmente oggi Massimiliano è rimasto l’ultimo erede di questa ricetta, almeno l’unico a realizzarla secondo le regole e il rituale tramandato, dal sensale si Santa Maria. Così succede e si ripete che una sera di fine settembre, in un piccolo  borgo in pietra chiuso tra cinte murarie, ai piedi di Assisi è il profumo del sambuco a indicare la direzione. Dietro una finestra a bordo strada ritorna ogni anno nonna Peppa, i suoi racconti la sua memoria, le sue mani sapienti vivono in quelle mura in cui tra le pentole fumanti e un bel bicchiere di birra Massimiliano rinnova la magia.

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