
Bruno e il suo primo tatuaggio a 89 anni: «Una lampada, proprio come mio padre»
Non c’era fotografia a cui potersi ispirare per ri-tracciare fedelmente quelle linee che avevano già solcato l’avambraccio del padre, Ferdinando Pierotti, eugubino dei primi del Novecento, uno di 12 figli, (4 femmine e 8 maschi di cui 7 al fronte durante la guerra del 15-18) emigrato negli Stati Uniti, a New York, a fare il minatore. Nelle foto conservate da suo figlio Bruno (classe 1931), indossava sempre abiti a manica lunga e la memoria visiva rimane l’ultima speranza a cui appellarsi. «Ma in soffitta dovremmo avere una lampada simile».
Buricchio e il tatuaggio Bruno Pierotti, meglio conosciuto a Gubbio come 'Buricchio', falegname di lungo corso, vive alla grande i suoi 89 anni. E’ tuttora lui, che provvede a spaccare la legna di casa per il camino, a darsi da fare per il suo quotidiano in maniera autonoma da ormai diversi anni essendo rimasto vedovo nel 2000. E, perché no, concedersi anche un ballo nei fine settimana con gli amici. Uomo col sorriso stampato sul viso la cui età sembra non si appartenere soltanto ad un discorso anagrafico.
L'incontro con Francesco Barbini Pochi anni fa Francesco Barbini, noto tatuatole perugino titolare dello studio Bonnie Tattoo, incontra Annalisa,Ed è proprio in questi ultimi anni che Bruno incontra Francesco Barbini, noto tatuatole perugino titolare dello studio Bonnie Tattoo, con cui diventano ami nipote di Bruno che diventerà sua sposa e tra Francesco e Bruno è presto intesa. Tutti quei disegni che Francesco porta addosso incuriosiscono e affascinano molto Bruno e gli ricordano quello che c’aveva il suo amato ‘babbo’, la lampada a petrolio. Non è chiaro il motivo per cui suo padre Ferdinando portasse quella lampada sull’avambraccio e probabilmente neanche così importante, ciò che importa a Bruno è avere il tatuaggio come suo padre, così Francesco si fa avanti per accontentarlo.
La lampada a petrolio Con certezza Bruno sa che suo padre si fece tatuare la lampada al porto di New York e in quegli anni faceva il minatore. Non è difficile tracciare una serie di possibilità simboliche legate a questo utensile, che è vitale per chi lavora nel buio di una miniera, ma bisognava ridisegnare quel tatuaggio nella maniera più fedele possibile al suo ricordo. Ed è così che durante una delle chiacchierate tra Francesco e ‘Buricchio’, come spesso accade quando si cerca qualcosa, è la soffitta a risolvere tutto, una lampada a petrolio proprio come quella che cercavano era conservata li, sarà Francesco poi a tradurla in disegno e infine in tatuaggio.
Un passo indietro Per Bruno - uomo che porta dentro ben saldo il concetto di resistenza -, nei suoi racconti è molto chiaro il ricordo dei soprusi del periodo fascista, qualcosa ha subito anche lui, oltre ad aver perso un suo parente fucilato tra i '40 martiri' di Gubbio ha subìto quarantene e atteggiamenti prepotenti solo perché italiano che voleva provare a lavorare in Germania. Storico ceraiolo, santubaldaro di nascita, che ama ad esempio raccontare quando prima di entrare a casa di quelli che sarebbero diventati poi i suoi suoceri, sull’uscio delle scale si sentì chiedere ad alta voce, "di che cero" fosse… e la domanda precludeva una sola possibilità di risposta, che fortunatamente si rivelò giusta. Per lui tatuarsi è stato un gioco da ragazzi: «I dolori della vita sono stati ben altri», dice. Ora quella lampada è li, sul suo braccio a saldare ancora di più un legame col suo amato padre e le sue origini ma anche con Francesco che si dice onorato di aver lasciato un segno indelebile nella vita di Bruno.







